martedì 27 maggio 2014

Fagioli neri alle spontanee di prato.

Sì, è una delle foto più brutte della storia della fotografia (e lo so che fagiolo nero su piatto nero non è cromaticamente azzeccato, ma io cucino per mangiare e i piatti sono quelli di tutti i giorni, il tempo per preparare piccoli set fotografici forse lo avrò un giorno, lontano).
Ma era davvero buoni!
Fagioli neri ammollati una notte a fatti cuocere con alcuni spicchi di aglio.
A fine cottura ho aggiunto (in foto non si vede a casua del colore :-P) un trito grossolano di piantaggine, tarassaco, piattello e ortica.
Un poco di sale e una spolveratina di lievito alimentare in scaglie.
yum!

lunedì 5 maggio 2014

Comunicazione NonViolenta: Lettera per dire GRAZIE e 2 parole di riflessione.

Ieri ho passato una intensa giornata.
Bella. Arricchente.

L'Associazione Cocùn, associazione “gemella” di Semi Di Lino, che si occupa della sfera genitoriale e di libera educazione, ha organizzato un incontro sulla Comunicazione NonViolenta.
Iniziare non è semplice, pur avendone letto ed avendo quindi almeno una infarinatura generale sulla teoria.
Mi sono sempre arenata nella pratica, non riuscendo a concretizzare oltre un certo livello.
Mi scontravo con i miei limiti e leggevo esempi con dialoghi “perfetti” dove tutto alla fine fila liscio, oppure leggevo in forum esperienze con madri dall'infinita pazienza, sempre in grado (bè, per lo meno per iscritto ;-)) di essere centrate e presenti, pronte all'ascolto.
Il mio non riuscirci diventava frustrazione e rabbia e senso di colpa. Credevo di essere sbagliata, di non essere “abbastanza brava”.
All'inizio della giornata quindi, ero speranzosa (parlare dal vero è sempre meglio che leggere un testo, per quanto importante), ma anche in difficoltà nel fidarmi del tutto e a lasciarmi andare.
E devo ammettere che in un primo momento le parole di Davide mi sono sembrate bellissime, ma ancora non “reali”, come se mi stesse leggendo il libro ad alta voce.
Poi, con lo sciogliersi delle tensione ed il sentimento di condivisione con gli altri presenti che è andato crescendo, è fiorita la ricchezza dell'avere davanti una persona in carne ed ossa, con le sue interpretazioni e la sua esperienza.
Ed ho sentito forte la voglia di fare domande, sentivo il bisogno di arrivare ad un punto che sui libri non ero mai riuscita a toccare (non qualcosa di conscio, non sapevo esattamente cosa).
Un poco alla volta ha detto cose che mi hanno fatto suonare campanellini interiori. Toccavano corde pronte a vibrare.
Poi, forse, la cosa che più di tutte mi ha aperto una finestra (è il caso di dirlo) e a cascata ha illuminato altri concetti: l'espressione di un sentimento, in seguito ad uno stimolo, un bisogno non soddisfatto (tristezza, dispiacere, sconcerto, quel che volete), nella nostra società è spesso “inibita” e viene sostituita dalla rabbia. Ora io non ritrovo le parole -per me risuonanti- che ha usato lui. Ma ricordo che è stato illuminante il suo fare l'esempio del bambino piccolo, che semplicemente piange. E che con quel pianto non ci sta attaccando naturalmente, ma è solo il suo unico modo, inizialmente, per comunicarci un bisogno non soddisfatto. Il pianto non è arrabbiatura, ma è chiedere aiuto per un bisogno.
Per motivi che non so spiegare, forse inculcati, forse trasmessi di generazione in generazione, tendiamo a cercare di interrompere l'espressione dei sentimenti legati ai bisogni non soddisfatti. Non li accogliamo. E non ce ne assumiamo la responabilità. Il senso del dovere ed il senso di colpa sarebbero alla base, se così posso dire, della rabbia.
Mi sono resa conto in un attimo, che spesso non usiamo neppure le parole corrette (almeno io). Per esempio mi capita di dire, parlando alla topolina se vuole rovinare un oggetto del fratello, cui so che tiene molto, che “Nicolò altrimenti si arrabbia”. Che senso aveva dire una frase del genere? Perchè sì, nella mia testa, se Nicolò poi vede l'oggetto rotto si arrabbia. Fa una scenata. Ma il suo sentimento è la rabbia? A che pro dirlo a Zoe? Non suona un po' come una minaccia? Si arrabbia e allora.... urla? Ti tratta male? Ti rompe qualcos'altro per vendetta?
Anche con il linguaggio, del tutto involontariamente, si finisce in una modalità punitiva.
E' arrabbiato Nicolò se un oggetto a cui tiene è rovinato? Bè, sì. Ma cosa c'è dietro? E' triste perché non può più giocarci, è dispiaciuto che non siano state rispettate le sue cose, è risentito?
Non lo posso sapere esattamente, ma so per certo che dire che è arrabbiato non rende giustizia ai suoi del tutto comprensibili sentimenti. Suona negativo nei suoi confronti e minaccioso nei confronti di Zoe (nell'esempio che ho fatto).
Di fronte agli esempi concreti che abbiamo provato ad affrontare, ho fatto domande e ancora. Perchè non riuscivo a vedere il limite. Volevo capire cosa sbagliavo io. Perchè io alla fine perdo la pazienza e mi arrabbio? E se il bambino continua nonostante il dialogo e l'ascolto? E se fa peggio nostante l'esposizione chiara dei bisogni e dei sentimenti? E se insiste? E se?
Credo che sono stata sul punto di DIVENTARE quello che io non riesco tanto a reggere :-P
Mi sentivo sbagliata nel finire per sbottare.
Provavo senso di colpa per l'arrabbiatura conseguente.
E non so come uscirne.
Bè Davide non è che mi abbia dato la pillola magica.
Una persona non può mica risolvere le questioni altrui. E la comunicazione nonviolenta non è magia.
Però lui immagino non avesse una risposta per me che fosse LA soluzione. E forse lui era sul punto di perdere la pazienza, chissà.
Mi ha detto: e allora PIANGI.
Non lo so spiegare, ma so che a quel punto è scattato qualcosa.
Ho sentito/capito qualcosa.
Mi sono sentita come liberata di un peso: ma allora io posso piangere e urlare! Posso non farcela più e non sapere più che pesci prendere! Posso farlo in modo nonviolento!
Sarebbe credo davvero lungo continuare e non credo di potere io, in poche righe, spiegare perché e percome ci sia una profonda differenza se una persona urla i propri bisogni insoddisfatti, anziché accusare e urlare contro.
E di certo non è dopo una singola presa di coscienza che riuscirò a mettere in pratica la CNV e infatti, con il gruppo di auto-mutuo aiuto e l'associazione, organizzeremo momenti di “pratica”, di esercizio. Cambiare modalità comunicativa richiede pratica e tempo.
Ma di certo so che è valso la pena mettersi in gioco con le orecchie aperte.
Che ieri abbiamo soddisfatto il nostro bisogno di connessione, di fare chiarezza, di condividere dubbi e paure.
E quindi il mio sentimento di gratitudine va tutto a Davide, con la speranza di crescere ancora.

Per approfondire:
- http://www.davidefacheris.com/
-http://www.cnvc.org/
-Il libro "Le parole sono finestre oppure muri", Ed. Esserci, di Marshall Rosenberg

N.B. foto datata, di ottobre 20013, coglie un momento simpatico tra bimbi.